Il condominio è un tipo di proprietà comune, appannaggio dei proprietari delle singole unità abitative di uno stesso edificio. È costituito dalle cosiddette ‘parti comuni’, ovvero le scale, il cortile, le facciate, il portone di ingresso ma anche le aree di parcheggio interne, gli ascensori e tutti gli altri ambienti “destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune”, come stabilito dall’articolo 1117 del Codice Civile.
La normativa include, inoltre, “gli impianti idrici e fognari”, quelli “per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria”, compresi “i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.
Ragion per cui, si parla spesso di “acqua condominiale”, non solo in riferimento alla fornitura idrica ma, soprattutto, alla gestione e alla ripartizione dei costi legati al consumo. Nel nostro approfondimento, vediamo tutto quanto c’è da sapere in merito.
Come si paga l’acqua in condominio?
La risposta a questo interrogativo è meno semplice di quanto si possa pensare. In sintesi, possiamo distinguere due modalità di impiego dell’acqua condominiale:
- la manutenzione delle parti comuni (siepi, aiuole e simili);
- il consumo ‘privato’, che deriva dall’uso individuale dell’acqua fatto dai singoli utenti.
Nel primo caso le spese sono a carico di tutti i condomini, e vengono divise in parti uguali o avvalendosi delle tabelle millesimali; solitamente sono comprese nella quota delle spese condominiali, coperte dai proprietari delle singole unità immobiliari o dai residenti in affitto. I condomini devono poi farsi carico anche dell’acqua utilizzata negli appartamenti, con poche eccezioni possibili come, ad esempio, chi possiede solo un posto auto o un box senza alcun allaccio alla rete idrica condominiale. In tal caso, può essere esentato dalla ripartizione delle spese.
Ripartizione consumo acqua condominio: come funziona.
Prima di analizzare, in dettaglio, quali sono i meccanismi di ripartizione delle spese per l’acqua del condominio, è bene distinguere tra:
- acqua fredda condominiale, ossia quella che proviene dalla rete di distribuzione principale, e viene fornita alle singole unità abitative;
- acqua calda condominiale, ovvero quella prodotta da un sistema di riscaldamento centralizzato.
Il consumo di acqua fredda condominiale può essere quantificato in due modi:
- tramite un contatore singolo, che effettua periodicamente il conteggio dell’acqua del condominio.
- mediante contatori individuali installati nelle singole unità abitative.
In presenza di un contatore condominiale unico, la quota di consumo idrico viene divisa tra i vari condomini in funzione dei millesimi di proprietà. Lo stabilisce l’articolo 1123 del Codice Civile, secondo il quale tali spese “sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.
Nel caso, molto più comune, in cui ogni appartamento ha il proprio contatore, si procede diversamente; occorre però fare un’ulteriore distinzione tra:
- Caso A. Condominio dotato di un sistema centralizzato per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria;
- Caso B. Condominio in cui solo il riscaldamento è centralizzato, mentre l’acqua calda sanitaria viene prodotta localmente da un sistema apposito installato all’interno dell’unità abitativa.
Nel paragrafo successivo, analizziamo in dettaglio come avviene la ripartizione acqua in condominio con contatore individuale.
Acqua condominiale: come funziona l’addebito dei costi sui contatori individuali.
La ripartizione dell’acqua condominiale può variare sensibilmente tra i due casi prospettati in precedenza:
- Caso A: il consumo di acqua, sia calda che fredda, viene coperto da una quota mensile fissa (spese condominiali). La prassi vuole che al termine del cosiddetto ‘anno amministrativo’ del condominio, sulla base delle letture dei singoli contatori, viene quantificato il consumo effettivo da addebitare alle singole utenze. In altre parole, si calcola – in metri cubi – quanta acqua è stata usata per ogni abitazione. L’amministratore di condominio, o chi ne fa le veci, determina eventuali differenze tra i costi sostenuti e il dispendio effettivo, disponendo un conguaglio a favore o a sfavore di ciascun condomino;
- Caso B: È lo scenario che si prospetta più spesso nei condomini in cui è possibile usufruire solo di una caldaia principale per il riscaldamento centralizzato che ‘serve’ radiatori e termosifoni presenti nelle singole abitazioni. In tal caso, è probabile che le spese condominiali coprano sia l’acqua fredda che l’utilizzo del riscaldamento, mentre l’acqua calda sanitaria viene prodotta separatamente tramite un boiler elettrico utilizzando l’acqua condominiale fredda. In caso contrario, gli utenti devono sottoscrivere un contratto di fornitura con un’azienda idrica; questa provvederà, su base mensile o bimestrale, a determinare i consumi e a fatturare i costi. La quantificazione dei consumi idrici condominiali avviene alla chiusura dell’anno amministrativo, con le modalità descritte in precedenza, o secondo altre scadenze concordate da tutti i condomini. La sola differenza è che la produzione di acqua calda non incide solo sulla quota di consumo ma anche sulla bolletta dell’energia elettrica, in misura variabile a seconda delle caratteristiche del boiler e della frequenza di utilizzo. Soluzioni di questo tipo sono diffuse soprattutto in contesti dove l’installazione di caldaie tradizionali o a condensazione non è possibile, per via di limiti tecnici, strutturali o normativi.
Spese condominiali acqua per appartamento vuoto: vanno pagate?
La risposta breve è ‘sì’: eventuali addebiti vanno saldati, per evitare morosità. Ovviamente, possono esserci eccezioni e casi particolari. Inoltre, va tenuto conto di come funzionano l’impianto condominiale e la ripartizione delle spese. In sintesi, il proprietario di una unità immobiliare vuota, sfitta o disabitata, è tenuto a pagare:
- l’acqua utilizzata per la manutenzione delle parti comuni del condominio;
- le spese condominiali (comprensive di acqua fredda e/o acqua calda sanitaria e riscaldamento centralizzato).
Qualora per l’unità abitativa esista un contratto di fornitura con un’azienda idrica, anche se l’appartamento resta vuoto, vi sono dei costi fissi da sostenere, individuati dall’ARERA nella Delibera 28 dicembre 2015 664/2015/R/idr. Come si legge sul sito dell’Autorità, in bolletta è presente una quota fissa, che rappresenta “la parte del prezzo, espressa in Euro/anno, che si paga per avere la fornitura attiva, anche in assenza di consumo”. Essa viene applicata in quote mensili o giornaliere e serve a “coprire gli oneri sopportati per mettere il servizio idrico a disposizione degli utenti, in quantità e qualità sufficienti, indipendentemente dal consumo effettivo che costoro ne fanno”. L’ARERA specifica, inoltre, che “la quota fissa non va confusa con il minimo impegnato, ossia l’addebito di un costo per un ammontare fisso di consumi indipendentemente da quelli effettivi che è vietato”.