L’acqua che esce dai rubinetti di casa è spesso ricca di sali minerali, in particolare calcio e magnesio; se presenti oltre una certa quantità, contribuiscono a rendere l’acqua “dura”. Ciò vuol dire, in termini pratici, che ci sono maggiori possibilità che si formino sedimenti di calcare all’interno dell’impianto idrico domestico. L’acqua del rubinetto, per quanto ricca di calcio e magnesio, è potabile (oltre che completamente sicura, come afferma anche l’ISS*) ma, alla lunga, può danneggiare elettrodomestici quali caldaie, boiler e lavatrici.
Per mitigare la durezza dell’acqua (che varia da un luogo all’altro) è possibile installare in casa un addolcitore, un apparato in grado di ridurre la concentrazione di calcio e magnesio in maniera tale da limitare la possibile formazione di calcare nelle tubature e all’interno dei dispositivi di erogazione. In commercio ne esistono di diversi tipi; molti sono di tipo elettrico, in quanto necessitano di una fonte di alimentazione esterna per poter funzionare. Nel nostro approfondimento vediamo come il loro utilizzo può incidere sui consumi energetici e quale impatto può avere sui costi.
Cos’è e come funziona un addolcitore domestico.
Come si può facilmente intuire, un addolcitore è un macchinario in grado di ridurre la ‘durezza’ dell’acqua di casa, rendendola più ‘dolce’. Solitamente va installato a monte dell’impianto idrico domestico ma esistono modelli piuttosto compatti collocabili anche sotto il lavandino della cucina.
Il funzionamento, in linea di principio, è piuttosto semplice; l’acqua proveniente dalla rete idrica di distribuzione entra nel serbatoio dell’addolcitore. Qui entra in contatto con particolari ‘resine’ che attirano e trattengono gli ioni (ossie molecole cariche elettricamente) di calcio e magnesio, rilasciano in cambio ioni di sodio, innocui per la salute così come per gli elettrodomestici più vulnerabili alla formazione di sedimenti di calcare. Per questo, gli addolcitori comuni vengono denominati “a scambio ionico”; l’acqua che esce dal macchinario è più ‘dolce’ nonché di qualità complessivamente migliore. Ciò è dovuto alla presenza di filtri a monte dell’apparato, che trattengono le impurità prima che l’acqua entri nel circuito di addolcimento. A tal riguardo è bene precisare come in Italia l’acqua del rubinetto, anche non ‘trattata’, è estremamente sicura (con percentuali di conformità sanitaria che oscillano tra il 98% e il 99%**); l’addolcitore è utile soprattutto nelle aree in cui l’acqua è particolarmente dura come, ad esempio, nei grandi centri urbani.
Lo scambio di ioni a lungo andare indebolisce le proprietà delle resine; per questo, gli addolcitori sono dotati di un serbatoio ausiliario, contenente una salamoia, ovvero una soluzione salina che consente alle resine di rigenerarsi periodicamente. La capacità residua di scambio delle resine viene determinata dalla centralina integrata nel dispositivo così che, raggiunta una soglia prestabilita, possa avviare autonomamente il ciclo di rigenerazione.
Come stabilire il consumo di un addolcitore di acqua domestico?
Per rispondere a questa domanda, occorre fare alcune considerazioni preliminari:
- non tutti gli addolcitori sono alimentati da una fonte di energia esterna; alcuni, ad esempio, funzionano semplicemente grazie all’energia cinetica dell’acqua;
- il ‘consumo’ di un addolcitore riguarda non soltanto le parti che funzionano (eventualmente) a corrente elettrica ma anche il sale presente nella salamoia. Periodicamente, infatti, va rabboccato per consentire all’apparato di effettuare i cicli di rigenerazione delle resine.
In relazione al dispendio di energia elettrica, in assenza dell’obbligo di apporre l’etichetta di efficienza energetica da parte dei produttori, bisogna fare riferimento al valore della potenza assorbita. Gli addolcitori non sono particolarmente energivori; in media, l’assorbimento oscilla tra i 4 W e i 6 W, perlopiù in funzione della capacità e della portata del macchinario.
Prendiamo in considerazione un parametro medio pari a 5 W; restando in funzione per un’ora l’addolcitore consuma 5 Wh (wattora). Nell’arco di una giornata, il dispendio di energia corrisponde a 120 Wh (24 h x 5 W); proiettando il dato su base mensile, ossia moltiplicandolo per 30, si ottiene un consumo di energia elettrica pari a 3600 Wh, ossia 3,6 kWh. Supponiamo che il prezzo della componente energia applicato dal proprio fornitore corrisponda a 0,30 euro/kWh, ne deriva un costo mensile di poco superiore a 1 euro.
Cosa incide sui consumi: i fattori da considerare.
Gli addolcitori sono apparati poco energivori, specie se messi a paragone con gli elettrodomestici più comuni. Al contempo, il consumo di energia nei modelli elettrici può variare per effetto di diversi fattori:
- il fabbisogno idrico del nucleo familiare; un addolcitore che deve gestire una portata d’acqua notevole, maggiore rispetto alla capacità di esercizio per cui è progettato, può consumare più energia;
- la frequenza dei cicli di rigenerazione; se l’acqua che circola nella rete idrica è particolarmente dura, le resine dell’addolcitore dovranno rigenerarsi più spesso. Di conseguenza, l’apparato avrà bisogno con maggior frequenza dell’energia elettrica necessaria per implementare il processo;
- la capacità dell’addolcitore; un modello in grado di gestire ed erogare una maggiore quantità di acqua consente di ridurre la frequenza dei cicli di rigenerazione. Di conseguenza, anche l’impatto energetico è inferiore;
- la programmazione della rigenerazione; nei modelli in cui il processo è predisposto automaticamente a intervalli regolari, le resine vengono ripristinate periodicamente a prescindere dal consumo effettivo di acqua. Ciò può determinare uno spreco di energia e di sale;
- la presenza di parti elettroniche o digitali, quali display o timer; incidono – sebbene in misura ridotta – per l’assorbimento passivo, quantificabile in poche decine di Watt al mese.
Come ottimizzare le prestazioni energetiche di un addolcitore domestico.
Bastano pochi accorgimenti per far sì che un addolcitore, anche se utilizzato di frequente, non generi consumi energetici particolarmente gravosi. Allo scopo, si consiglia di:
- scegliere il modello più adatto alle proprie necessità; a tal proposito, un addolcitore ‘ideale’ andrebbe scelto in relazione alla capacità massima e alla portata (in litri/h), valutando se i parametri prestazionali sono sufficiente a soddisfare il bisogno d’acqua dell’intero nucleo familiare. In altre parole, è opportuno installare un dispositivo che non risulti né sottodimensionato né sovradimensionato rispetto al consumo di acqua;
- preferire gli addolcitori a consumo, volumetrici oppure a domanda; in tal modo, i cicli di rigenerazione delle resine saranno calibrati sul consumo effettivo di acqua;
- non trascurare la manutenzione, specie quella relativa alla pulizia dei filtri; le impurità e i sedimenti possono ostruire il passaggio dell’acqua e rendere l’apparato meno efficiente;
- staccare l’alimentazione dell’addolcitore in previsione di lunghi periodi di assenza da casa; in tal modo, si evita l’assorbimento passivo prodotto dalle componenti elettroniche o dalla modalità stand-by (se prevista dal modello installato).
*https://www.iss.it/-/faq-numero-2#:~:text=Falso.,sali%20di%20calcio%20e%20magnesio
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